12-12-08 |
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Vogliamo farvi leggere i meravigliosi versi del poeta Virgilio inerenti alla bellissima città di Roma. Sono tratti dall'"Eneide". Enea, dopo essere approdato alla foce del Tevere, vede i luoghi ove sorgerà la magnifica città di Roma. Celebrava il re arcade quel giorno nel sacro bosco fuori dalle mura riti solenni al grande Anfitrionìde ed ai Celesti. Il figlio suo Pallante e i primi duci e il piccolo senato erano seco a spargere gl’incensi fumava il sangue tiepido su l’ ara.
Videro l’alte poppe e i naviganti che reclinati taciti sui remi s’avvicinavano per la selva fonda, e sbigottiti all’ improvvisa vista balzaron sù, lasciarono le mense.
Ma impetuoso lor vietò Pallante d’interrompere il rito, ed egli solo volò, brandendo l’armi, incontro a quelli; e da lungi gridò, sopra un’altura: “Uomini, a che tentate ignote vie? Ove andate? Chi siete? Onde venite? Pace o guerra portate? " Il padre Enea Dall'alta poppa allor così rispose porgendo innanzi con la destra un ramo di pacifero ulivo: " Armi troiani vedi, ostili ai Latini; esuli ancora essi ci fanno con superba guerra! Cerchiamo Evandro. Questo riferisci; di' che son giunti scelti eroi dardànii per domandargli un'alleanza d'armi"
Fu stupito Pallante a sì gran nome e: " Chiunque tu sia, sbarca ", rispose; " ospiti vieni nella nostra casa a parlare d'innanzi al genitore ". Poi gli tese la mano e gli trattenne la destra lungo. Ed essi allor dal fiume mossero e s'addentrarono nel bosco.
Il fondator della città romana, Evandro re, diceva: " In questi luoghi vissero i fàuni indigeni e le Ninfe ed una gente uscita fuor dai duri tronchi di quercia, senza arti né leggi, che non sapeva né aggiorar giovenchi né raccolti adunare e porre in serbo, ma si nutriva degli arbòrei frutti e d'un vitto durissimo di caccia.
Ma dall'Olimpo etèrёo discese prima Saturno; pròfugo dal regno egli fuggiva i fulmini di Giove. Ed egli, primo, tutti insieme accolse quegl'indocili popoli dispersi per le montagne, e diede lor le leggi, e Lazio nominò questa contrada ov'ei s'era celato in sicurezza" Ei così disse; e procedendo innanzi mostrò la porta e l'ara che i Romani chiamano Carmentale, omaggio antico alla ninfa Carmenta , alla veggente fatìdica , alla prima che predisse grandi gli Enèadi e Pallantèo famoso. alla sede Tarpèa poi lo condusse, al Campidoglio ch'oggi è d'oro, e un tempo era spinoso di silvestri rovi. Già fin d'allora un sacro orror del luogo gli abitanti atterrìa, già fin d'allora essi temean quella boscosa rupe.
" In quel bosco" diceva," in quel frondoso colle, non so qual Dio, ma un Dio dimora; e quei due dirroccati balüardi che tu vedi laggiù sono reliquie a memoria dei nostri avi vetusti: fondò quella fortezza il padre Giano, Saturno l'altra ; e quella era chiamata il Gianìcolo e questa la Saturnia"
Così parlando giunsero alla casa poverella d'Evandro, e in ogni parte mugghiare armenti essi vedean pel Foro romano e per le splendide Carine. Come furono dentro: " In queste soglie", disse, "vittorïoso Ercole venne; questa casa lo accolse. Ospite, sappi dispregiar le ricchezze, imita il Dio e vieni, a questa povertà benigno!"
E, detto ciò, nell'umile dimora introdusse l'eroe, lo fe' giacere sopra un letto di foglie e lo coperse con la pelliccia d'una libica orsa. "Eneide" (G. Vitali)
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Album
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Ultimo aggiornamento: 12-12-08